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GIOTTO E LA NASCITA DI GESÙ: due opere a confronto


Il Natale è ormai passato e siamo ufficialmente entrati nel periodo liturgico della Quaresima.
Interessante è scoprire il modo in cui nella storia dell’arte sia stata raffigurata la scena della
natività di Cristo. In particolare, io ho scelto di focalizzare la mia attenzione sul modo in cui
Giotto abbia rappresentato in due opere il momento immediatamente successivo alla nascita
di Gesù. Il primo dei due affreschi è intitolato “La natività di Gesù”, datato 1303-1305, ed è
situato nella parete destra del registro centrale a destra dell’altare della Cappella degli
Scrovegni, a Padova. Il secondo, invece, è “La natività”, conservato nella Basilica inferiore di
San Francesco ad Assisi, realizzato intorno al 1313.
In entrambi gli affreschi le figure centrali sono Maria e Gesù bambino. Nel dipinto della
Cappella degli Scrovegni la Madonna è raffigurata insieme ad un’allevatrice che la aiuta a
prendersi cura di Gesù, mentre nella Basilica di San Francesco la Vergine è rappresentata da
sola con in braccio Gesù. Nella parte inferiore di entrambi gli affreschi si trova, invece,
Giuseppe, meravigliato dell’accaduto.
Se nell’affresco “La natività di Gesù” il bue e l’asinello sono raffigurati al fianco di Giuseppe, ne
“La natività” si trovano nella capanna. Un’ulteriore differenza è rappresentata dal numero di
angeli: più elevato nella seconda scena che ne comprende ventisette, compreso un angelo
intento ad annunciare la nascita di Gesù e più ridotto nella prima che ne rappresenta cinque,
tutti nel cielo blu notturno.
Entrambe le raffigurazioni si somigliano per la presenza di una coppia di pastori increduli,
accompagnati da un gruppo di animali.
Nell’affresco della Basilica di San Francesco una luce illumina la scena ed è proprio in tale
opera che viene raffigurata la “doppia natura” di Gesù: la rappresentazione del bambino tra le
braccia di Maria è il simbolo della sua natura divina, mentre la raffigurazione in braccio alle
allevatrici ne mette in risalto la natura umana.

A cura di Cristina Romata

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