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Una metamorfosi leggera, anzi leggerissima

Da settimane camminando per le strade, nei supermercati, imbottigliati nel traffico, non c’è uno solo tra noi che non si sia involontariamente sorpreso a cantare “metti un po’ di musica leggera, perché ho voglia di niente, anzi leggerissima” e se per un attimo l’abbiamo deliberatamente relegata in un cassetto della memoria, subito l’abbiamo sentita canticchiare dal ragazzo dietro di noi in fila alle poste, è passata in radio o qualcuno l’ha condivise nelle storie.

Musica leggerissima è praticamente un tormentone estivo, ma senza l’estate, le masse accaldate e accalcate nei locali, le spiagge gremite di corpi e ombrelloni.

Il singolo ha su YouTube 10.036.130 di visualizzazioni. Perché 10.036.130 utenti hanno visto quel contenuto, lo hanno condiviso nei loro profili privati? Perché lo hanno amato, odiato, criticato, apprezzato, ma in ogni caso si trovati in una qualche maniera a rapportarvisi?

Colapesce e Dimartino cantano di un addio che bisogna dirsi,di un maestro che è andato via e di un baratro che si fa sempre più vicino. Ci piacciono, perché ci parlano di noi, dei piccoli drammi che si consumano ogni giorno: delle assenze, del lasciare andare gli altri anche se non ci va, dei maestri che se ne vanno e ci lasciano soli, senza canzoni.

Ci piacciono soprattutto perché agli addii che bisogna dirsi, ai maestri sfuggiti e ai baratri che si profilano all’orizzonte ci danno una soluzione: la leggerezza.

La stessa soluzione che emerge nelle metamorfosi di Ovidio, in particolare nella vicenda di Perseo e Medusa.

Perseo è l’eroe della leggerezza, una leggerezza che ci salvadalla “pesantezza, l’inerzia e l’opacità del mondo, ci salva come canticchiamo sotto la doccia dalcadere dentro al buco nero, che sta ad un passo da noi”, dallo sguardo pietrificante di Medusa che si fa metafora di tutti i piccoli drammi che si consumano nelle nostre vite e in quelle degli altri, che è immagine di una quotidianità esasperata: troppo trascinata, immobilistica, stantia.

Per tagliare la testa di Medusa, senza lasciarsi pietrificare, Perseo si sostiene su ciò che vi è di più leggero, i venti e le nuvole. A quel punto Perseo taglia la testa della Gorgone e dal suo sangue nasce Pegaso, un cavallo alato che ci dimostra che la pesantezza della pietra può essere rovesciata nel suo contrario, solo se scegliamo di farci sostenere dalle cose leggere, come Perseo, solo se-nonostante il baratro- sappiamo che c’è ancora una musica leggera che suona per noi.

Ovidio nei versi 740-752 del capitolo IV delle Metamorfosi ci spiega cosa ci serve per essere eroi della leggerezza, per essere un Perseo, vincitore di mostri: “Perché la ruvida sabbia non sciupi la testa anguicrinita (anguiferumque caput dura nelaedat harena), egli rende soffice il terreno con uno strato di foglie, vi stende sopra dei ramoscelli nati sott’acqua e vi depone la testa di Medusa a faccia in giù. Quella che racconta Ovidio è una storia di miracoli di leggerezza, infatti, nei versi successivi i ramoscelli si trasformano in coralli.

Emerge, qui, un Perseo che non è solo un eroe leggero, ma anche capace di intus legere, dunque di riconoscere in un essere mostruoso una fragilità, una pietà meritata, una carezza su misura che gli spetta. Si incontrano, in questi versi del Poeta latino, immagini opposte: l’orrore del volto della gorgone con la delicatezza dei coralli, la forza di Perseo e la sua gentilezza, ma potremmo anche dire che la forza di Perseo è la sua gentilezza.

Come Ovidio, Colapesce e Di Martino accostano immagini contrarie: i tamburi che annunciano un temporale, i palazzi distrutti dalle bombe nemiche, i figli alcolizzati, le cose che hai lasciato, la tua indifferenza animale, a tutto questo si oppone un filo rosso sottile: quello di una musica leggera, anzi leggerissima, di una musica capace di uccidere la Gorgone, dal suo sangue di far nascere Pegaso e, alla fine, di avere pietà di lei.

Dobbiamo dire la verità, l’abbiamo cantata così tanto che ora quasi non ce la facciamo più, ancora qualche settimana e persino gli ultimi che strenuamente la trascinano nelle loro cuffiette avranno smesso di ascoltarla.

Eppure, anche se ora siamo stanchi di cantare, questa canzone non è solo un tormentone estivo senza estate, ma è un monito per ogni giorno: per sapere che possiamo tutti essere Perseo, che nonostante gli addii, i baratri ad un passo da noi, i maestri che se ne vanno c’è sempre una canzone, una musica leggeraper uccidere anche oggi la Gorgone e adagiare il suo volto orribile sui coralli, consapevoli che per uccidere i mostri ci basta essere gentili, certi che per rovesciare la pesantezza nel suo contrario ci basta una canzone.

A cura di Angela Macheda

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