Collegio e università

Libri, fumetti e narrazione

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Se entraste nella mia camera di collegio, a colpire il vostro sguardo – disordine a parte – ci potrebbero essere i tanti libri che conservo nelle mensole accanto al letto. Non sono solo libri universitari, ma di qualsiasi genere, in particolare di narrativa, e devo ammettere che non tutti mi servono. Anzi, direi che la scelta di portarmi dietro così tanti volumi è stata logisticamente sbagliata: come mai farò a svuotare la stanza a fine anno? Tuttavia, non ho potuto farne a meno, visto che io, come immagino molti di voi, sono una patita di libri.

Quest’introduzione, che potrà certo esservi sembrata autoreferenziale, mi è utile per introdurre un concetto fondamentale: il libro materiale, nella sua fisicità, gode di un certo interesse e non solo, suscita rispetto. Amiamo circondarci di libri, amiamo possederli e non è neanche detto che li leggeremo. La carta stampata ci riempie di ammirazione, ci dà addirittura una certa idea di elevazione. Non è raro pensare che, se qualcuno ha scritto un libro, allora è un artista o un genio.

Ebbene, il libro sembra rappresentare l’apice del mondo culturale, la vetta più alta e insuperata della catena montuosa della fruizione artistica. Ciononostante, le cose sono un po’ più complesse di così. Mi dispiace squarciare il libresco sogno utopico in cui sembravamo essere in procinto di immergerci, ma la supremazia del libro va messa in dubbio. Sia chiaro, non intendo scagliarmi contro ai libri, che continuano a essere la mia grande passione. La mia è una mossa utile a far emergere l’importanza di qualcos’altro, spesso eclissata proprio da questa supremazia, anzi da questa feticizzazione. Il libro, in particolare il romanzo, è reso feticcio, idolo e come tale sembra avere più valore in quanto oggetto che in quanto portatore di contenuto.

Il primo mito da sfatare, che forse sarà un’ovvietà e nel caso me ne scuso, è quello secondo cui tutti i libri meriterebbero di essere letti: non è vero (a meno che non abbiate una particolare propensione nei confronti del trash, ma il discorso esula dalle intenzioni di questo articolo). Alcuni sono brutti, molti sono scritti male, moltissimi rappresentano nient’altro che un articolo di merchandising. Avete presente i libri scritti dai vip? Ecco, quelli sono, nella maggior parte dei casi, oggetti di consumo.

Altro mito da sfatare: un libro vale l’altro. Anche in questo caso, no: se ne regalate uno, assicuratevi di sceglierlo bene, perché vi dico chiaro e tondo che se provaste a rifilarmi un Fabio Volo, personalmente mi offenderei parecchio.

Ultimo mito da sfatare: niente supera in fatto di qualità il libro. Questo punto merita un approfondimento maggiore. Pensiamo a quante volte abbiamo detto “il libro è meglio del film”. È davvero sempre così, oppure in certi casi abbiamo a che fare con due narrazioni completamente diverse? Il linguaggio romanzesco è sempre superiore a, che so, il linguaggio visivo?

Sulla scia di queste riflessioni, vorrei inserire un grande dimenticato del nostro tempo – anche se grazie al rinnovato format della graphic novel sta tornando in auge – : il fumetto.

Il povero fumetto è spesso bollato come “roba per bambini”, ma è veramente così o ci si ostina a considerarlo inferiore alla letteratura comunemente intesa perché è una forma di narrazione differente? Molto utile per capire questo punto è stato l’incontro, tenutosi nel nostro collegio qualche settimana fa, con Roberto Gagnor e Claudio Sciarrone, rispettivamente sceneggiatore e fumettista di Topolino, i quali hanno ampiamente dimostrato come fare fumetto sia un lavoro serio, che richiede idee, tempo e un’artisticità non inferiore a quella del comunemente inteso scrittore. Il fumetto è sì parola, ma anche immagine e proprio per questo il suo statuto non va ridotto all’uno o all’altro aspetto, ma va considerato nella sua peculiarità.

Il fumetto è un modo di narrare e come tale non è né migliore né peggiore del romanzo, soltanto diverso. E se pretendiamo di sostenere che un qualsiasi libro superi in qualità il fumetto, teniamo presenti le recenti candidature del premio Strega o il premio Pulitzer assegnato ad Art Spiegelman, autore di Maus.

Il mondo dei fumetti è ampio e variegato, esattamente come il mondo dei romanzi: bisogna semplicemente buttarcisi dentro e orientarsi a seconda del proprio gusto e della propria sensibilità.

Da parte mia –en passant– vorrei consigliarvi una graphic novel del 2003, da me letta solo di recente, realizzata da Craig Thompson, che ha come titolo “Blankets”. E’ uno splendido esempio di autobiografia a fumetti e mostra, dal mio punto di vista, come una storia molto personale e introspettiva possa essere narrata in maniera più che efficace attraverso questo particolare medium che è il fumetto.

In sintesi, non abbandonate i libri: continuate a sfogliarne le pagine, sottolineatene le parti che preferite (preferibilmente a matita e con il righello), idolatrateli. Tuttavia, non dimenticate che il mondo della narrazione ha infinite sfaccettature e che quel reparto della libreria che avete sempre scansato è lì ad aspettarvi.

 

A cura di Martina Peruzza 

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