Per riflettere

La rivoluzione della Storia

Cari uomini del 2016,

vi scrivo per raccontarvi di me. Io lavoravo a Gerusalemme, stavo andando a chiedere soldi a qualche povera famiglia. Non mi piaceva più quel lavoro, ma non avevo alternative. Così zitto zitto, mi aggiravo tra i quartieri della città, sempre più scontento della mia vita – anche perché noi usurai eravamo il peggio del peggio: nessuno ci considerava, non eravamo considerati uomini. Passo dal mercato e sento che da una bancarella all’altra i mercanti si dicono: «Oh, arriva lui quest’oggi, quello che dicono essere il Messia». Io ero curioso. Dicevano che lui avrebbe salvato la vita di tutti: ecco, io ho bisogno di essere salvato! Così sono arrivato alle mura, ma c’era troppa confusione; io sono basso, vedevo a mala pena gli angoli di cielo tra le teste della gente e poi… insomma, la gente mi odia. Quindi basta, ero deciso a rinunciare, stavo tornando a casa, quando ho visto un albero e ho pensato che… perché no? E allora mi sono arrampicato, e ho aspettato. Lui sarebbe passato di lì, perché era l’unica strada. Mi sono seduto sul ramo… volevo solo vederlo, niente di più. E aspetto, aspetto. E arriva. Io non mi sporgo neanche, cioè sono lì, rannicchiato. Lo vedo. E…. “Zaccheo, scendi. Vengo a cena a casa tua”. Zaccheo? Ma come fai a sapere? Ma.. è da quando non sono più bambino che nessuno mi chiama… lì per lì non ho pensato tanto, però vi rendete conto? Io prima di quel momento non ero niente, e di punto in bianco uno mi chiama e mi vuole conoscere. Già questo era eccezionale. Vado a casa e gli preparo la cena. Non abbiamo parlato molto, non c’era bisogno di dire chissà cosa. Io facevo quello che dovevo fare e lui anche. A un certo punto della cena ho capito. Lui non mi aveva rimproverato, non era venuto per farmi seguire delle regole, lui era venuto per stare con me. Allora gli ho detto: “io do via la metà dei miei beni, e se ho rubato restituisco quattro volte tanto”. E gliel’ho detto perché lui non mi ha deriso, per lui io ero un peccatore, ma non ero una cosa sbagliata; per lui io avevo un valore, per lui è come se… come se fossi una persona. Allora io ho deciso di dare via metà dei miei beni. Ma l’ho deciso perché lì ho capito che niente vale di più che essere amati – da lui. Dopo tutti gli errori che ho fatto è impossibile che qualcuno ci tenga ancora a me, dicevo; è impossibile che per qualcuno sia ancora una persona, dicevo. E invece è accaduto. Da lì sono rinato: io per tutta la vita ho messo la certezza nelle cose che avevo (nei soldi, nel mio lavoro, nella mia casa), con lui ho scoperto di essere amato, stimato, nonostante tutto – anzi, proprio per tutto, perché la sua non era tolleranza, lui non si è tappato il naso e mi ha detto: “guarda, non sei perfetto, ma sei simpatico, allora ti voglio bene”; lui, paradossalmente, mi stima per tutti i miei errori, ama tutti i miei errori. Io con lui ho una solidità, una statura che niente e nessuno potrà mai togliermi. Io questo amore ricevuto non potrò mai cancellarlo, è dentro al mio essere. Sapete cosa vuol dire questo? Io consisto di ciò a cui appartengo, e se appartengo a qualcosa di cui nessuno può privarmi, io accolgo tutti, non ho paura di niente e perdono tutto.

Questa è la misericordia, amici, questa stima infinita e gratuita che ci troviamo addosso da parte di qualcuno, questa è la misericordia. Noi però siamo testardi, e un secondo dopo pensiamo che il mondo torni a dipendere dalla riuscita delle nostre azioni, ma neanche questo è un problema. È un cammino, non un problema. Dovremmo tenere gli occhi aperti, perché la stima di qualcuno è sempre in agguato – se la accettate. Il papa ha indetto l’anno santo come a dire: cari uomini, ci credete che la misericordia è reale? E sì, state scoprendo che è vero. Ma voi, come me, avete bisogno della misericordia per vivere? Ma voi, come me, ci credete che è proprio la misericordia che cambia il mondo?

Buon cammino,

Zaccheo.

 

A cura di Margherita Bertani

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