Collegio e università

La poesia è di tutti: una cura per «orientarsi nel chiasso»

 

«Cosa c’entra la poesia con un quotidiano che si occupa di notizie, spesso spaventose?»

Esordisce con questo interrogativo Barbara Stefanelli, vicedirettrice del Corriere della Sera in apertura dell’evento dal titolo La poesia è di tutti, tenutosi presso l’Aula Magna del nostro Ateneo lo scorso 21 febbraio. In occasione della Giornata mondiale della poesia il Corriere della Sera, in collaborazione con l’Università Cattolica, lancia una nuova collana di libri di poesie (in edicola ogni martedì) e lo fa dando vita a un’ora e mezza che si snoda tra letteratura, musica e poesia. La vicedirettrice condivide con la gremita platea la sua idea di poesia e il legame che da sempre intercorre tra essa e il quotidiano, ricordando la pubblicazione del 16 settembre 2001, quando sulla prima pagina del giornale trovarono spazio i versi di Giovanni Giudici Dedicato ai pompieri di New York.

«La poesia è parte essenziale della nostra storia di persone che costruiscono l’informazione, che spesso ha a che fare con il lato problematico della vita», continua Stefanelli. Se Eugenio Montale nel 1975 diceva che la poesia è «una malattia assolutamente endemica e incurabile», è vero anche che la poesia può essere una cura. Una pennellata di colore per tutti i giorni grigi, una nota intonata in tutti quei momenti in cui le corde della vita sembrano non accordarsi, un porto sicuro dove approdare quando ci si trova in balia delle tempeste quotidiane. Questo però succede solo se chi la legge si lascia interpellare e attraversare dai versi, perché «non esiste poesia senza lettore», come afferma Daniele Piccini, curatore della raccolta, la quale prevede venticinque volumi di poesie di grandi poeti italiani e internazionali (Neruda, Szymborska, Kavafis, Merini, Montale, Baudelaire, Brown, Campana, Dickinson, Vuong, Garcia Lorca, Auden, Salinas, Achmatova, Rimbaud, Pessoa, Saba, Pasternak, Sereni, Novalis, Ritsos, Rilke, Caproni, Shelley, Keats, Byron e Luzi). Docente di Filologia della letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia e alumnus della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica, Piccini ci ricorda che la poesia parla a tutti, anche se «in una lingua più alta di quella di tutti i giorni». Interviene anche Giuseppe Lupo, scrittore e docente, secondo il quale «la poesia è un passaggio obbligato per tutti, poi qualcuno ci si dedica per il resto della vita, mentre altri si spostano sulla narrativa».

L’evento è stato arricchito dall’incursione di Filippo Capobianco, Campione Nazionale 2022 di LIPS – Lega Italiana Poetry Slam: studente di fisica con la passione per la «musica nascosta dietro le parole», recita alcuni versi scritti da lui. Le parole dal ritmo incalzante rimbalzano da una parete all’altra dell’Aula e dimostrano come due mondi apparentemente incompatibili possano incrociarsi, convivere e dar vita a un’armonia. Scriveva Mario Luzi: «La poesia è del mondo, scritta nel mondo e dovuta al mondo. E io devo trovarla». Per noi spettatori attenti, l’hanno trovata due artisti che salgono sul palco e ci permettono di assistere a un altro incontro, quello tra poesia e musica. Si tratta di Stefano Bollani e Valentina Cenni, un pianista e un’attrice, colleghi e compagni che deliziano il pubblico con l’esecuzione di alcuni brani musicali.

Ecco che, alla fine di questa carrellata di riflessioni, musica e parole, abbiamo una possibilità, quella di riportare alla mente la poesia, che ci mette in risonanza con il poeta e con la nostra anima e, per usare le parole con le quali il Rettore Franco Anelli ha aperto l’evento, «cogliere la grande opportunità di tornare a riprendere in mano testi che sono densamente ed essenzialmente creativi». Ci troviamo dunque nelle condizioni di poter accogliere le parole di Barbara Stefanelli per rispondere a quell’interrogativo iniziale, convinti che la poesia possa essere una forma d’arte che «serva a spostarci dallo spavento, da un momento di shock di fronte a qualcosa che ci appare nero e minaccioso, che ci sembra distruggere il nostro continuo lavorare per trovare un equilibrio, verso lo stupore e la meraviglia».

A cura di Annalisa Gurrieri

 

 

 

 

 

 

 

 

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