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Tra cuore e colore: ritiro spirituale a Bergamo

Dalla dispersione ottica della luce solare, che attraversa un’impercettibile goccia di pioggia, ha origine lo spettacolo eccezionale dell’arcobaleno, la cui grandiosità è dovuta all’unione di ossimori, sole e pioggia, luce e tenebre, quiete e burrasca. Dopo la tempesta, chiaro e inequivocabile, l’arcobaleno si mostra sempre in tutto il suo splendore. Quale immagine migliore può essere eletta a simbolo della giornata di ritiro spirituale trascorsa nei pressi della città di Bergamo?

Domenica 24 ottobre la sveglia è suonata più presto del solito, facendoci balzare giù dal letto e precipitare in fretta e furia in portineria. Con gli occhi ancora stanchi abbiamo riposto i pigiami sotto i cuscini e interrotto i dolci sogni, ignari però del fatto che, di lì a poco, le foglie dei rigogliosi alberi della Bergamasca avrebbero ripreso a cullarci.

Il pullman ci ha condotte ai piedi della valle Imagna, luogo incantevole che, nonostante il clima rigido e pungente, ha saputo scaldarci il cuore per mezzo dei suoi “Cammini”. La valle consta, infatti, di sei percorsi che conducono al Santuario della Cornabusa. Addentrandoci in quel paesaggio suggestivo e verdeggiante, abbiamo scorto delle confortevoli cappellette, ricoperte di tetti in piode e colorate da affreschi, dedicate ai Sette dolori di Maria. Il sentiero ci ha guidate verso l’ottava cappelletta, in cui era raffigurato il miracolo della pastorella sordomuta, per poi lasciarci senza fiato dinanzi alla vista da una spettacolare terrazza panoramica.

Ad accoglierci abbiamo trovato una guida locale, la quale, dopo aver individuato la giusta combinazione per aprire il lucchetto dei nostri bagagli culturali, ci ha illustrato storia e meraviglie del posto. La storia insegna che, tra il 1350 e il 1440, la valle era tormentata dai conflitti che imperversavano tra guelfi e ghibellini. Gli abitanti della frazione di Cepino, per sfuggire alle rivalità, trovarono rifugio in una grotta busa, grotta naturale formatasi tra due pareti montuose. In passato delle donne avevano, posto in questo luogo una statua lignea della Vergine Addolorata, alla quale i rifugiati volsero le loro preghiere. Ne ottennero la salvezza e, come ringraziamento, lasciarono nella grotta l’immagine della Madonna, trasformando la busa in un luogo di culto. Anni dopo, una giovane sordo-muta, affidandosi alla Vergine, avrebbe ricevuto un miracolo, riacquistando il senso dell’udito. Sarebbe così iniziata la devozione alla Madonna della grotta.

Quasi prendendoci per mano, la guida ci ha poi accompagnati verso quello che San Giovanni XXIII ha definito «Il Santuario più bello del mondo», in quanto realizzato non dalla mano dell’uomo, ma da quella di Dio. Era inevitabile scorgere l’arcobaleno in questo «Luogo del cuore», giacché basilica rupestre resa unica dalla fusione di luce e di acqua. L’architettura della Chiesa potrebbe essere definita anomala: essa non è costituita da marmi o arredi di tipo artistico, ma a darle forma sono le sue stalattiti. Lo scorrere dell’acqua del ruscello dona sonorità al luogo. È proprio immergendo le mani nelle acque della sorgente che, alla fine della liturgia, è stata data ai fedeli l’opportunità di rinnovare il sacramento del proprio battesimo. Prendere parte alla Celebrazione Eucaristica tra le rocce del Santuario è stata un’esperienza idilliaca: non erano volti all’ascolto solo mente e cuore, ma, in un luogo di tale maestosità, tutti e cinque i sensi sono stati chiamati a vivere un’avventura a trecentosessanta gradi.

Nei pressi del santuario si colloca un accogliente ristorante ove abbiamo trovato ristoro. Armonia, gioia e condivisione sono le parole chiave che hanno contraddistinto il pranzo: risate e buon cibo l’hanno fatta da padroni.

Il gelo del mattino è stato riscaldato dalle parole che don Giorgio Begni, nel corso del pomeriggio, ha pronunciato presso il santuario della Madonna del Castello nella località di Almenno San Salvatore. Egli ha frugato amorevolmente nei nostri cuori e ha saputo edificare al loro interno un arcobaleno eterno e inesauribile. Molteplici sono i testi cui ci ha posto all’ascolto per donarci consapevolezza di noi stesse, della nostra persona e di quella missione che ciascuna di noi, in maniera differente, ha nel mondo.
Forti e chiari son risuonati i versi del Salmo 139 di Davide:

Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
Ti lodo,
perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

Ciascuna creatura di Dio ha in sé del meraviglioso e dell’insolito, la capacità di creare, di ideare, di conoscere, di amare.
Le parole dell’assistente spirituale sono state colme di emozione nel commentare uno dei testi più noti di Madre Teresa di Calcutta: Non aspettare.

Ricordati che la pelle avvizzisce, i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
Ma l’importante non cambia:
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.
Dietro ogni traguardo c’è una nuova partenza.
Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida.
Finché sei vivo, sentiti vivo.
Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.

Costanza, perseveranza e determinazione sono le pietre preziose che illuminano lo scrigno dei nostri cuori: la luce è in noi e non c’è blackout che tenga. Siamo stelle in una notte senza luna.

In un freddo dì tra le montagne della Bergamasca abbiamo ammirato l’arcobaleno: il verde dei monti ci ha cullato, il blu e l’indaco del cielo, osservato dalla terrazza panoramica, ci hanno rapito l’anima, il giallo delle luci e delle candele all’interno della grotta ci hanno donato speranza, l’arancio del santuario della Madonna del Castello ha mosso l’intelletto e la creatività. Il cuore di don Giorgio Begni ha intessuto nei nostri stessi cuori una trama di una miriade di toni e sfumature di colori, donandoci una serenità che non ha eguali. Temporale o no, siamo ormai portatori di luce e di sfolgoranti e inesauribili arcobaleni.

A cura di Mariachiara Grandetti

 

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