Per riflettere

Sara non piangere

Era l’estate del 2001 quando Pino Daniele pubblicò la canzone “Sara non piangere”, mancava poco e sarei venuta al mondo.

Mi fa sorridere il fatto che mia madre abbia addirittura pensato di chiamarmi “Sara” perché ogni volta che quelle note passavano alla radio, le facevo sentire la mia presenza nella sua pancia.

Quella canzone mi piaceva già. E oggi, dopo 22 anni, è ancora così.

Sara è una bambina, non conosce ancora il mondo, è intenta a giocare nella sua stanza, è quella l’unica realtà possibile, l‘unica che conosce. Suo padre la guarda e spera che tutto resti così, vorrebbe che Sara continuasse ad essere ignara, inconsapevole dell’arroganza del mondo; però il tempo passa al di là del nostro volere e Sara dovrà inevitabilmente crescere, ma com’è che si cresce?

“Sara devi crescere, imparerai a guardare il cielo, a inseguire un sogno vero nelle cose della vita”.

Crescere viene dalla stessa radice latina di creare, cresciamo quando creiamo qualcosa. E’ proprio così, sentiamo di essere diventati “grandi” quando riusciamo a creare un posto per noi in questo mondo, quando facciamo in modo che un sogno, il nostro, diventi realtà; eppure oggi sembra che sia diventato così difficile trovare qualcosa per cui ne valga la pena, ci sono troppe cose che fanno rumore, ma sono tutte vane, inutili, mentre le più importanti sono così silenziose che si fa quasi fatica a riconoscerle, si insinuano nel petto e il rumore che fanno lo si può sentire solo lì, tra pancia e testa.

Io ho capito di aver trovato il mio posto nel mondo il giorno in cui ho realizzato di essere pronta a lasciare la mia quotidianità, i miei amici, la mia casa, i miei affetti per seguire ciò che avevo nel cuore. Ho imparato anche io a guardare il mio cielo e mi sono accorta che proprio lì c’era un sogno pronto per spiccare il volo.

E se cado? E se sbaglio? E se…? Mi crogiolavo tra tutti questi pensieri e intanto le note di questa canzone mi tornavano continuamente in mente.

“Sei così fragile

Sara sarà.”

Sara è fragile, piccola e indifesa com’è, e suo padre, quando la guarda, dentro di sé ha un po’ paura di ciò che il mondo potrà riservarle; ci saranno giorni in cui tutto si tingerà di nero, tutto diventerà improvvisamente troppo, troppo grande o troppo difficile, troppo spaventoso o troppo insignificante, e lui questo lo sa bene, però le dice “Sara sarà”, ciò che tu vuoi, accadrà, ciò che tu sei, sarà; “non piangere”, non lasciare che la vita ti spezzi.

Stava a me scegliere, potevo soffermarmi sui “se” oppure guardare il “perché” e alla fine ho scoperto che sì, volare fa paura, ma è solo così che si cresce. A volte senti mancare la terra sotto ai piedi però quel panorama non ha prezzo, capisci di avercela fatta, sei chi volevi essere, senti di essere felice.

“Quante cose inutili abbiamo nella testa ma il tuo sorriso resta.”

Sara sorride, ai bambini basta poco per essere felici, prima piangeva e adesso già ride, chissà se sarà sempre così, intanto suo padre continua a guardarla e si accorge che è questa l’unica cosa che mai potrà contare: sapere che non si dimenticherà mai della sua felicità, anche quando, crescendo, le capiterà di sentirsi improvvisamente piccola e fragile.

Questa canzone per me è sempre stata una carezza, alla fine il mio nome è stato un altro, ma sono stata Sara tante volte e chissà quante altre ancora lo sarò.

A cura di

Irene Pasanisi

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