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Il Faro in una Stanza

A me piace passare dall’una all’altra stanza illuminata; tale è per me il mio cervello, stanze illuminate.

Dal 29 novembre al 1 dicembre 2019 a Monza si è svolto il IV festival letterario dedicato a Virginia Woolf “Il faro in una stanza”. Durante le tre giornate si è analizzata ampiamente la figura della scrittrice con l’aiuto di diversi esperti della letteratura inglese e internazionale, traduttori, interpreti, docenti, scrittori e critici.

Il primo ciclo di conferenze, moderato da Sara Sullam e Antonio Bibbò, si è aperto con l’analisi della figura della Virginia lettrice in un incontro chiamato “Leggere con Virginia Woolf”. Virginia infatti, nonostante gli ideali vittoriani dell’epoca e l’assenza di un’istruzione femminile pubblica, aveva libero accesso alla vastissima biblioteca del padre, docente presso l’Università di Oxford. In quegli anni, la giovane scrittrice ha avuto la possibilità di sperimentare diversi stili narrativi e, così, formarsi una solida cultura classica. Woolf per lungo tempo fa la lettrice e scrive un’ingente quantità di recensioni. Legge qualsiasi tipo di romanzo: da libri di consumo, romanzi sentimentali come quelli delle sorelle Brönte, romanzi classici, a opere degli autori che oggi sono completamente dimenticati, ed è proprio allora che inizia a concepire la sua idea di romanzo.

“Leggere un romanzo è un’arte difficile e complessa. Dovete essere capaci non solo di una grande finezza di percezione, ma anche di una grande audacia di immaginazione se farete uso di tutto quello che il romanziere – il grande artista – vi dà.”

Nel secondo ciclo di conferenze, moderato da Liliana Rampello e Elisa Bolchi, chiamato “Virginia Woolf e i generi della scrittura privata” si mette in scena l’importanza dei generi minori, le scritture private e il rapporto che la scrittrice ha con essi. Virginia Woolf non si limitava alla sola lettura di quelli che erano all’epoca considerati i generi alti, anzi integrava ad essi anche la lettura di altri generi che l’hanno aiutata ad esplorare il rapporto fra arte evita, grazie al quale si può ricostruire con accuratezza storica lavita privata delle donne di quel periodo, che da sempre scrivonolettere e diari. Woolf assume la letteratura minore come uno dei modi per esprimere la vita, dando libertà alle vite comuni, alle esistenze senza straordinarietà, perché ritiene che “lì si raccolgono molte delle verità della vita stessa”, anzi è proprio nei meandri delle banalità dell’effimero che si racchiudono gli istanti di vita che compongono l’integrità dell’esistenza.

Nel terzo ciclo “Impressioni e attimi. Tra Marcel Proust e Virginia Woolf” Davide Vago e Elisa Bolchi pongono un occhio esperto al rapporto tra Proust e Woolf, due fari della modernità nella letteratura del ‘900.

La mia grande avventura davvero è Proust.

Virginia Woolf pensando al successo da lei ottenuto con Mrs. Dalloway, si esprime così nelle pagine del suo diario.

La qualità di Proust è l’unione dell’estrema sensibilità con l’estrema tenacia”, in Diario di una scrittrice.

In uno dei suoi celebri saggi letterari, scriverà: “L’intero suo universo è immerso nella luce dell’intelligenza”.

Le parole piu’ belle che Woolf scrive su Proust sono quelle che scrive a Roger Fry, l’amico che per primo l’ha introdotta a Proust:[] Ma Proust titilla tal punto il mio desiderio di espressione che riesco a malapena a scrivere una frase. Ah, se sapessi scrivere così, piango. [] Sento che posso scrivere così, che posso prendere la mia penna, e poi la prendo, e però non posso scrivere così. [] Quasi nessuno mi stimola i nervi e il linguaggio in questo modo, allo stesso modo diventa un’ossessione. []

Nell’incontro “Una menzogna nell’anima: Woolf e Mansfield, moderato da Franca Cavagnoli e Sara Sullam, si discorre circal’amicizia e il rapporto, così dinamico e complesso, tra Virginia Woolf e Katherine Mansfield della quale ammirava molto lo stile e la forma della scrittura al punto da pubblicare i suoi romanzi con la casa editrice Hogarth Press che aveva fondato con il marito.

L’ultimo incontro della giornata “Scrivi sempre a mezzanotte. Presentazione del volume di lettere d’amore e desiderio tra Virginia Woolf e Vita Sackville- West“ , Elena Munafò, curatrice del volume, e Sara de Simone, prestano attenzione all’intimo rapporto tra le due donne.  Attraverso l’ampio carteggio tra Virginia e Vita, si coglie nel profondo la relazione tra le due,piena d’amore e ironia, che culminerà per Virginia nella scrittura dell’Orlando – definito dal figlio di Vita come la più lunga lettera d’amore della storia.

[…] mi manchi piu’ di quanto potessi immaginare anche se mi ero preparata a sentire molto la tua mancanza. Ecco perchè quasta lettera è una sofferenza continua. É incredibile come tu sei diventata essenziale per me. […] , scrisse Vita a Viarginia in una delle lettere.

Le due si conobbero nel 1922 grazie a Clive Bell, marito della sorella di Virginia, Vanessa anch’ella membro del Circolo di Bloomsbury, celebre cerchia di intellettuali del quale facevano parte anche l’economista Keynes, il pittore Roger Fry, lo scrittore Forster, il critico Lytton Strachey e molti altri. Le opere dei suoi componenti hanno influenzato in modo rilevante la letteratura, l’estetica, la critica, l’economia, il femminismo e la concezione della sessualità. Sullo sfondo di una Londra avanguardista e culturalmente stimolante, le due si conobbero e frequentarono fino al 1925, anno in cui si intensificò il loro carteggio e di conseguenza la loro relazione. Le lettere da loro scambiate sono la testimionianza dello sfavillio di due menti brillanti che sfumano i loro punti angolosi, le loro increspature per far fiorire una relazione così umana e vissuta intensamente da riflettere le logiche dei corpi celesti: strutture unitarie e coesive tenute insieme dalla forza di gravità, così loro nella definita singolarità possedevano due anime simili capaci di guardarsi negli occhi per scrutarsi dentro e scorprisi incredibilmente affini.

Così, abbattendo i confini dell’epoca, vissero un amore scevro di pregiudizi, così delicato e memorabile da perdurare nonostante il tempo, i tradimenti e le contingenze.

Quest’ultima edizione del Festival si è rivelata ricca di tematiche e sempre sorprendente per l’arguzia dei suoi ospiti, la varietà degli argomenti trattati e la professionalità dei relatori, tanto da diventare ormai un appuntamento fisso annuale per tutti gli appassionati, estimatori, lettori occasionali e interessati alla penna di una delle migliori penne del ’900 europeo. È proprio vero che l’eternità dell’arte risplende la finitudine dell’esistenza e la rinnova di una bellezza nuova della quale siamo tutti passivi e coscienti fortunati osservatori.

A cura di Barbara Vukotić e Chiara de Stefano

 

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