Due incontri al Collegio Marianum per parlare di salute mentale
Nel mese di marzo, il Collegio Marianum ha ospitato due momenti di riflessione dedicati a un tema tanto attuale quanto spesso taciuto: la salute mentale. In un contesto in cui sempre più giovani si trovano ad affrontare disagi interiori, scegliere di parlarne apertamente è un gesto di responsabilità collettiva, oltre che un’urgenza sociale.
Il ciclo di incontri, intitolato “Not Going Down Without a Fight”, ci ha permesso di confrontarci con professionisti del settore, focalizzando l’attenzione su due aspetti del benessere psicologico: i disturbi del comportamento alimentare e la sindrome da burnout.
Il primo incontro è stato dedicato ai disturbi del comportamento alimentare. Abbiamo avuto il piacere di dialogare con la Dott.ssa Giuseppina Bentivoglio, biologa nutrizionista, e la Dott.ssa Margherita Boltri, psicologa clinica e dottoranda presso il laboratorio di neuroscienze metaboliche dell’Istituto Auxologico Italiano. Le due esperte fanno parte del progetto Food For Mind, una rete nazionale che, grazie alla collaborazione con il reparto di riabilitazione dell’Auxologico Piancavallo e la comunità terapeutica “Lo Specchio”, offre un modello integrato di cura per i disturbi alimentari, unico nel suo genere in Italia.
Durante l’incontro è emerso un concetto fondamentale: fare rete. Una rete fatta di competenze, empatia, ascolto e cooperazione tra professionisti, famiglie e pazienti. Ma anche una rete tra pari: amici, educatori, figure della quotidianità. All’interno della vita collegiale, questo assume un valore ancora più rilevante: convivere e condividere spazi, pasti, conversazioni può diventare un’opportunità preziosa per cogliere segnali di disagio e tendere una mano, senza invadenza ma con sincera attenzione, all’altro.
Un altro tema centrale è stato il ruolo dei social media nel rafforzare modelli di bellezza irrealistici e dannosi: immagini e contenuti che, giorno dopo giorno, alimentano insicurezze e aspettative frustranti, specialmente tra le ragazze. Le collegiali presenti hanno sollevato domande sentite e profonde: come si può aiutare chi manifesta segnali di sofferenza? Come avvicinarsi senza risultare invadenti? Le risposte delle esperte sono state chiare: è fondamentale esserci, con delicatezza e rispetto. Spesso basta una presenza silenziosa, uno sguardo non giudicante, un gesto semplice. “Attenzione alle parole”, hanno sottolineato: ciò che viene detto, anche con leggerezza, può lasciare un segno profondo. Più che dare risposte o soluzioni, è importante offrire uno spazio umano e accogliente.
Il secondo incontro, invece, ha portato l’attenzione sul concetto di Burnout, una sindrome che si insinua lentamente nel nostro quotidiano, quando quest’ultimo diventa troppo pieno. Il Dott. Filippo Rapisarda, psicologo e psicoterapeuta, e la Dott.ssa Cristina Migliorero, consigliera della Fondazione Progetto Itaca e coordinatrice del progetto prevenzione nelle scuole, hanno guidato il dialogo offrendo preziosi strumenti e, ancora una volta, una rete di supporto. La Fondazione Progetto Itaca è attiva da anni nella promozione della salute mentale, attraverso interventi di prevenzione, informazione e supporto su tutto il territorio nazionale. Durante l’incontro si è fatta chiarezza su un concetto spesso frainteso: la differenza tra stress e burnout. Lo stress può essere temporaneo e gestibile; il burnout, invece, è il risultato di uno stress cronico, un logoramento costante che mina motivazione, energia e benessere. I sintomi? Stanchezza perenne, distacco emotivo, sensazione di inadeguatezza. “Non arriva tutto d’un colpo,” ha spiegato il Dott. Rapisarda, “è qualcosa che si accumula, finché anche le attività più semplici diventano insostenibili.” Si è parlato anche delle conseguenze di un’eccessiva produzione di cortisolo, l’ormone dello stress: difficoltà nel sonno, alterazione della memoria, problemi relazionali. Le domande del pubblico hanno aperto nuove riflessioni: quanto influisce la paura di fallire nei contesti universitari? Perché si ha ancora così tanta reticenza nel chiedere aiuto? Gli esperti hanno sottolineato quanto il perfezionismo possa diventare una gabbia mentale, alimentata da aspettative irrealistiche e da un ambiente che spesso premia la performance più del benessere. Fondamentale, secondo i relatori, sarebbe rafforzare i servizi di supporto psicologico negli atenei, ma anche promuovere una nuova cultura del benessere: una cultura in cui prendersi una pausa non è un segno di debolezza, ma un atto di responsabilità verso se stessi.
“Not Going Down Without a Fight” non è stato solo un titolo provocatorio, ma un messaggio chiaro: affrontare la sofferenza non significa soccombere, ma trovare il coraggio di dominarla, guardarla in faccia e cercare insieme nuove strade. In un tempo che ci vuole sempre performanti, scegliere di rallentare per ascoltare se stessi e gli altri è forse la forma più autentica di resistenza. E, come hanno dimostrato questi incontri, a volte il cambiamento comincia proprio da lì: da una stanza condivisa, da una voce che si alza, da qualcuno che ha il coraggio di dire “ci sono anch’io”!

