Noi e la tecnologia

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Viviamo in un’epoca in cui la conoscenza è letteralmente a portata di mano: basta uno smartphone per accedere a una quantità di informazioni senza precedenti, cambiando radicalmente il nostro rapporto con il sapere. Ogni giorno, quasi senza accorgercene, ci affidiamo a Google per cercare risposte, oppure scorriamo distrattamente i feed di TikTok o Instagram, dove concetti anche complessi vengono compressi in pochi secondi di video. Tutto avviene con incredibile rapidità. Ma questa immediatezza ci rende davvero più consapevoli e informati?

Essere consumatori di conoscenza oggi significa destreggiarsi tra rapidità e superficialità. Uno studio della Technical University of Denmark ha rilevato che, negli ultimi 15 anni, la capacità di attenzione media è diminuita del 25%, in gran parte a causa del sovraccarico informativo.

Con oltre un miliardo di utenti attivi al mese, TikTok amplifica questa tendenza, offrendo contenuti sempre più brevi e immediati. Da un lato, questa modalità permette di apprendere le basi di una lingua in dieci minuti o di scoprire curiosità scientifiche in formato infografica; dall’altro, però, ha un prezzo: l’approfondimento e la riflessione vengono sacrificati in nome della velocità. Ma quante delle nozioni che assimiliamo ogni giorno restano davvero impresse?

In passato, imparare significava dedicarsi con lentezza e concentrazione all’apprendimento. Leggere un libro era un’esperienza immersiva, consultare un’enciclopedia rappresentava un viaggio tra concetti e idee, andare in biblioteca per svolgere una ricerca richiedeva tempo. Oggi, invece, ci accontentiamo di un titolo apparso tra i primi risultati di Google. Questo ci rende consumatori passivi, esposti al rischio di non distinguere il vero dal falso. Secondo un’indagine del MIT, le notizie false si diffondono sei volte più velocemente di quelle vere, proprio perché vengono lette superficialmente e condivise senza verifica. Di fronte a questi dati, è necessario un cambio di paradigma. Dobbiamo frenare questa frenesia dell’“usa e getta” dell’informazione e abbracciare una nuova sostenibilità del sapere: una “slow knowledge”, in cui la conoscenza viene coltivata con cura e profondità. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di usarla con consapevolezza. Dedicare del tempo alla lettura di un libro senza distrazioni, approfondire un argomento nella sua interezza anziché frammentarlo in pillole, sfruttare i social per il loro vero valore informativo: tutto questo ci aiuterebbe a trattare la conoscenza non come un bene di consumo, ma come un patrimonio da custodire.

La rivoluzione digitale parte proprio da qui: gli strumenti ci sono, ma sta a noi scegliere come usarli. Perché, alla fine, non sarà la quantità di informazioni che accumuliamo a definirci, ma la qualità di ciò che avremo davvero compreso a renderci esseri umani dotati di un vero intelletto.


Marianum Blog