L’ultimo incontro del ciclo “RiparAzioni. Le professioni dell’art. 27 della Costituzione”, realizzato dal Collegio Marianum in collaborazione con il quotidiano Avvenire, ha avuto come ospite Don Claudio Burgio, cappellano dell’Istituto penale minorile “Cesare Beccaria” di Milano e fondatore dell’associazione Kayrós. Questa realtà offre supporto e alloggio a minori in difficoltà, segnalati dal Tribunale per i Minorenni, dai Servizi Sociali e dalle Forze dell’Ordine.
“Chi sono i suoi ragazzi?” Una domanda precisa e puntuale che ha immediatamente delineato il cuore del dibattito. La risposta di Don Burgio è stata altrettanto semplice ed eloquente: “Sono prima di tutto dei minorenni”. Con queste poche parole, il messaggio è stato subito chiaro: occorre guardarli per ciò che sono, giovani e vulnerabili, e non solo come autori di reato. Si tratta, infatti, perlopiù di ragazzi tra i 14 e i 25 anni, che hanno commesso un crimine, ma che non possono essere ridotti alla loro colpa.
Nel suo ruolo di educatore, Don Burgio ha il compito di ri-educare, dove il prefisso “ri-” assume un significato intensivo: è necessario un intervento forte e mirato per aiutarli a ritrovare la giusta direzione e a reintegrarsi nella società. Tuttavia, ha sottolineato più volte nel suo intervento quanto sia difficile questo percorso, poiché la nostra società è ancorata a una visione della giustizia retributiva o vendicativa, che tratta questi minori come criminali, spingendoli inconsapevolmente a rimanere tali.
Ma il suo approccio non è buonismo: è una prospettiva precisa, che vede nel reato commesso da questi ragazzi un grido d’aiuto. Per questo Don Burgio sceglie di stare dalla loro parte, sostenendoli nel comprendere chi sono e chi vogliono diventare, aiutandoli a scoprire e coltivare le loro passioni. Nel 2000 ha dato vita all’Associazione Kayrós, un progetto tuttora attivo a Milano. La scelta del nome non è casuale: all’interno dell’Istituto penale minorile, i ragazzi vivono il tempo come Kronos, un tempo che scorre in attesa passiva della fine della pena. Con Kayrós, invece, il tempo assume un valore diverso: diventa opportunità, esercizio di libertà. Le porte della comunità sono sempre aperte, giorno e notte, perché l’aiuto deve essere una scelta individuale. Così come lo sono le attività proposte, strumenti essenziali per la crescita e il reinserimento. Il teatro, ad esempio, permette di risvegliare la sensibilità dei ragazzi e, al contempo, sensibilizzare il pubblico sui reali problemi della popolazione minorile carceraria, contrastando l’inutile allarmismo sociale.
Alla domanda: “Si può parlare di un cammino di giustizia riparativa per questi ragazzi?”, Don Claudio ha risposto senza esitazione: “Si può e si deve, perché bisogna sempre ricordare che questo istituto è, prima di essere un carcere o un luogo di detenzione, un istituto per i Minori, ossia a favore dei Minori.”