È tempo di buoni propositi,  Per riflettere

Maria, Tempio dello Spirito Santo. La vigilia di Pentecoste.

Regina del cielo rallegrati, Hallelujah: Cristo che hai portato nel grembo, Hallelujah, è risorto come aveva promesso, Hallelujah. Prega il Signore per noi, Hallelujah.

È l’antifona dei cinquanta giorni pasquali fino a domani: Pentecoste, festa tra le più importanti dell’anno liturgico (assieme a Pasqua, Natale, Epifania). Raramente pensiamo che la Pentecoste sia una festa mariana, mentre gli Atti degli Apostoli parlano di Lei come la Madre che presiede all’attesa e resta con noi al passaggio di Dio: “Erano concordi e perseveranti nella preghiera con Maria”. Gente tenuta insieme dal desiderio di Dio. Questa comunità, vissuta nel nascondimento, quando non nella paura, dalla Pentecoste si presenta al mondo senza altra forza che lo Spirito Santo promesso dal Crocifisso Risorto. È l’escasamento degli Apostoli, inviati in missione sprovvisti d’umana ricchezza. La Chiesa dunque non nasce come potente organizzazione, ma da questo abbandono orante alla calata dello Spirito. Ricordiamone i segni: il vento: fu il respiro al primo Adamo, ora il Vangelo diventa il nostro respiro. Il vento porta in giro il polline, disperde le ceneri della morte, non lascia dormire la polvere. La Chiesa non può confondersi con nessuna civiltà o momento storico ma, come il vento, le può riempire e passare oltre. Il vento infatti non ha forma perché tutte le assume.

Altro segno: lingue come di fuoco: Dio riscalda perché è “così vicino”, ma rimane “totalmente altro” perché non può essere afferrato. Il fuoco è il contrario della mediocrità: chi non è né freddo né caldo, diventa il vomito di Dio, scrive l’Apocalisse. Un medesimo fuoco si divide in tante fiamme che si posano su ciascuno dei presenti all’evento. Mosè sul Sinai era il solo che scendeva dalla montagna coi due raggi di sole sul capo. Qui è tutta la Chiesa che arde come il nuovo roveto. A ciascuno, come una fiamma, è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune, scrive san Paolo. A differenza del mito di Prometeo incatenato perché aveva rubato il fuoco dal cielo, ora è il cielo stesso che ce lo dona.

Ancora: il dono delle lingue: a Babele era avvenuta una cacofonia, la confusione delle lingue: progettavano una falsa universalità dove ciascuno voleva farsi un nome ed era nata l’incomunicabilità. Costruivano insieme e si trovano a costruire l’uno contro l’altro. Volevano diventare dei, si ritrovano meno uomini. A Pentecoste le lingue degli uomini restano diverse, come le culture, i cammini storici. Lo Spirito infatti crea non una uniformità, ma una unità articolata e plurale. La diversità sussiste senza annullare l’unità e l’unità si afferma senza sopprimere la molteplicità. Grazie alla Pentecoste, i popoli del mondo si incontrano nell’unico linguaggio dell’amore. Per questo la Chiesa della Pentecoste non crea e non impone un “ecclesialese” per tutte le stagioni, ma entra nei linguaggi degli uomini e annuncia le meraviglie di Dio secondo le diverse nuove forme di modalità e di comprensione. Nonostante tutto, il cristiano arreda il futuro di speranza. Quante volte abbiamo parlato della “convivialità delle differenze”, dei “diversi sguardi che non dividono la luce”. La Chiesa è sinfonica e vive non per le nostre respirazioni artificiali, ma perché lo Spirito santo lavora prima di noi, più di noi, meglio di noi! La Pentecoste promuove le diversità e Milano è un’icona: uomini e donne diversi per provenienza, cultura, religione, lingue e vivono nello stesso spazio. Non possiamo più permetterci sicurezze aggressive, considerandoci primi, migliori, unici. Per questo, se ciascuno nasconde il dono, ne viene una disarmonia, una stonatura. Noi che abbiamo poco ascoltato e molto parlato, entriamo nel tempo in cui dovremo andare a scuola dei popoli che dicevamo di avere civilizzato. Insomma, lo Spirito Santo non costeggia le rive comode delle nostre abitudini, naviga sempre al largo e ci esorta a osare più in là delle rotte consentite o vietate. Non ci si può muovere soltanto fin dove si tocca. Come dicevo all’inizio, la Pentecoste, grande Cresima dell’umanità, ha una Madre. Rallegrati, eco del saluto dell’Angelo alla casa di Nazareth. Ora è la Chiesa a salutarla: “Rallegrati” dalla casa comune che è il mondo intero. San Giovanni XXIII guardava al Concilio Vaticano II da lui aperto come una novella Pentecoste e, al termine dello stesso, San Paolo VI definì Maria Madre della Chiesa. È la litania che suggerisco insieme a: Tempio dello Spirito santoCausa della nostra letiziaSede della Sapienza.

A cura di Don Giorgio

La nostra vita è spesso in previsione del futuro, dell’attesa e della speranza che i nostri progetti e desideri possano realizzarsi.

Emblematica è la figura di Maria, «di speranza fontana vivace», come scrive Dante.

Ella, «beata perché ha creduto», fidandosi del progetto di Dio, vive, fin dal sì dell’Annunciazione dell’angelo, nell’attesa e nella speranza che è coronata proprio nel giorno della Pentecoste.

In seguito alla morte e resurrezione di Gesù, gli Apostoli si trovavano in un periodo di incertezza, desiderosi di avere più tempo e maggiori sicurezze per compiere al meglio la loro missione, per questo attesero con perseveranza e fiducia. La speranza in Dio non deve mai vacillare, è un sostegno per il fedele. Siamo abituati tutti a fare le cose in gran fretta, l’invito di Gesù è invece quello di attendere il momento opportuno, di non anticipare i tempi, di lasciare da parte la frenesia perché è necessario che il cuore sia pronto ad accogliere la Sua promessa.

Niente è impossibile a Dio, bisogna solo imparare ad attendere e lasciar che la lampada della parola di Gesù illumini il buio della nostra notte.

È nella sera di Pentecoste, momento in cui lo Spirito Santo discese sui discepoli di Gesù, che si ebbe l’Epifania di Dio: essa è un segno importante della fiducia nel Padre e nella speranza del Suo intervento in quanto, quando l’uomo sta per cedere, la grandezza del Creatore si manifesta.

Durante la Pentecoste, Maria precede gli Apostoli, li guida, poiché lo Spirito Santo era già sceso su di lei diventando fedele sposa di Dio; è per questo che gli Apostoli e tutta la comunità guardano a Lei come a un faro in mezzo alla tempesta, una luce di speranza.

Prendiamo Maria come modello nel nostro cammino con Gesù, accogliamo la volontà e lo Spirito di Dio, riponendo sempre speranza in Lui, anche quando niente sembra andare come vorremmo.

Lo Spirito Santo ci unisce in modo permanente all’azione di Grazia di Maria, alla quale affidiamo il nostro mondo interiore con i nostri problemi e preoccupazioni, poiché soltanto da lei può pervenire la materna risposta di salvezza.

San Paolo nella prima lettera ai Corinzi dice: «Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; […] A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. […] Il corpo può esistere solo perchè vi sono molte membra diverse le une dalle altre».

A volte abbiamo paura di condividere le esperienze, di affiancarci a compagni di cammino, di accettare il rischio della diversità, eppure siamo figli dello stesso Padre. Siamo parte di una diversità dove ogni membro è in funzione del tutto. La missione affidata agli Apostoli è la missione di tutti noi, lasciamoci illuminare e condurre dallo Spirito Santo come ha fatto Maria.

La commissione liturgica

Pieranna Como

Martina Diana

Claudia Moscara

Anna Zamattio

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *