Collegio e università

Come eravamo: il giornalino del Collegio Marianum dieci (o qualcosa di più) anni fa

Chi scrive, emozionatissima e grata per questa preziosa opportunità, ha fatto parte della redazione del giornalino del Collegio Marianum dall’anno accademico 2003/2004 all’anno accademico 2007/2008.

Le cose sono molto cambiate da allora: è evidente sin da subito scorrendo il blog “Marianum Post”.

 

Già, il blog.  Io ricordo pile di fogli sparse per tutta la stanza, all’epoca in cui il giornalino era solo cartaceo e noi ragazze lo stampavamo nella sala computer del collegio (invariabilmente a tarda sera, quando coloro che reclamavano l’attrezzatura informatica per scopi accademici avevano terminato il loro lavoro). Assemblavamo le copie piegando in due i fogli formato A3 e infilandoli uno dentro l’altro. In seguito iniziammo a rivolgerci a una copisteria, un lusso che ci risparmiò tempo e fatica. Ricordo, però, con piacere l’orgoglio di vedere il giornalino progettato con tanta cura divenire oggetto concreto, di costruirlo con le mie mani, nel cuore della notte, in compagnia di un paio di irriducibili, quando le altre se l’erano ormai svignata con “misere scuse” come un esame da preparare.

 

Immagino che certe cose non siano cambiate, ad esempio i piccoli bisticci all’interno della redazione. Non voglio insinuare che sia così ancora oggi, ma allora il gruppo era estremamente eterogeneo: alcune componenti amavano visceralmente il giornalino divenendo fin troppo entusiaste ed esigenti verso le “colleghe”, altre partecipavano controvoglia alle riunioni, se supplicate. Una ragazza mi confessò candidamente di essere entrata a far parte della commissione, di cui quell’anno ero responsabile, perché non c’era più posto in un’altra dove sembrava si lavorasse meno! Eppure tutte, “costrette” o no, finivamo per impegnarci e fare del nostro meglio. Non posso fare a meno di pensare a tutte le Marianne che dopo l’università diventano giornaliste o scrittrici: chissà quante di loro hanno scritto i primi articoli in questo modo. Si cresce anche così.

 

Di sicuro, in questi anni, è cresciuto molto il giornalino stesso, che ai miei tempi si chiamava “Kilt” (non conosco l’origine del nome: ho sentito delle spiegazioni in proposito, ma credo si trattasse di leggende metropolitane). Quando per la prima volta mi unii alla redazione, il giornalino era rivolto a un pubblico di collegiali e pensato per divertirli. Non mancavano articoli “impegnati”, recensioni, poesie, resoconti di conferenze e altri eventi culturali, tuttavia a dominare la scena era l’aspetto goliardico. Eravamo più Cecco Angiolieri che Guinizzelli o Cavalcanti e le pagine del giornalino erano il teatro perfetto per le frecciatine agli altri Collegi storici della nostra Università, nell’ambito di una antica e scherzosa rivalità. Stesso umorismo negli immancabili test: “sei più Marianna, Agostino, Ludovico o Paolina?” Pubblicavamo persino un oroscopo, sempre ironico, cruciverba dalle soluzioni assurde e le vignette di una ragazza bravissima nel disegno (altre volte c’erano le mie). Nel 2005 uscì un numero eccezionalmente frivolo per il quale, come responsabile della commissione, fui rimproverata dall’allora direttrice del Collegio, presente buona parte della redazione. Annovero quell’episodio tra i più umilianti della mia vita (al primo posto).

 

Quantomeno, il messaggio era chiaro: Kilt meritava un’impostazione più seria, che gli permettesse di rivolgersi a un pubblico più ampio all’interno dell’università. “Qualcuna vuole scrivere la recensione di un libro? Avete visto un film o una mostra, partecipato a una conferenza?”. Nonostante i miei iniziali timori le ragazze del Collegio Marianum avevano mille idee, opinioni, interessi che esprimevano con entusiasmo: il giornalino iniziò ad assumere un taglio più simile a quello di ora, raffinato, intelligente. Ma non abbandonammo del tutto, almeno per il momento, l’attenzione per i piccoli e grandi eventi della vita collegiale, tanto che le prime pagine a colori (quando io ero divenuta a mia volta “anziana” e non ci facevamo più mancare nulla) erano dedicate in gran parte a foto di gruppo di Marianne sorridenti.

 

Anche questo aspetto spensierato è importante: gli studenti universitari si preparano per fare grandi cose, ma ancora non sanno esattamente quali. Nel frattempo, se “sacrificano” ogni tanto un’ora di lezione per andare al cinema, in libreria o addirittura per partecipare agli eventi goliardici di inizio anno accademico (che ricorderanno anni dopo in compagnia di altri ex collegiali individuati con sorpresa tra i colleghi di lavoro), non è necessariamente tempo perso.

 

Valentina Zaninetti

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